1. Premessa
Il 27 luglio 2021 è approdato in discussione al Senato il testo del d.l. n. 77/2021, come modificato dalla Camera, e sul quale è stata posta la fiducia, così non consentendosi al Senato stesso di apportare ulteriori modifiche emendative del testo. L’approvazione definitiva del testo è avvenuta il 28 luglio 2021, con successiva pubblicazione dello stesso in Gazzetta Ufficiale.
Tra le diverse norme a cui è stata apportata una modifica, si approfondisce nel presente scritto quella di cui all’art. 48 al comma 4 in tema di impugnabilità degli atti di affidamento e declaratoria di inefficacia dei contratti stipulati.
Una postilla finale riguarda invece l’approvazione dell’emendamento al d.l. n. 80/2021, che propone di introdurre l’art. 72 bis c.p.a.
2. L’art. 48 in generale
L’art. 48 del d.l. 77/2021, rubricato “Semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC”, al fine di snellire alcune procedure specifiche realizzate con i fondi di derivazione europea, parrebbe reintrodurre una forma di appalto integrato, che in Paesi virtuosi come quelli scandinavi e anglosassoni ha dato buoni frutti sia in termini di qualità che di riduzione della spesa pubblica. Tale disposizione è infatti limitata ai soli casi di affidamenti in procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati in tutto o in parte con i nuovi fondi del PNRR e PNC (Piano Nazionale Investimenti complementari) ed è da coordinare con l’art. 50 del medesimo d.l. che regola l’esecuzione degli stessi affidamenti.
Leggendo l’art. 48, si nota che esso prevede la nomina di un RUP per dette procedure (previsione che sarebbe da coordinare con l’art. 31 d.lgs. n. 50/2016) e la possibilità di un ricorso all’art. 63 d.lgs. n. 50/2016 “Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando” per i settori ordinari, e dell’art. 125 “Uso della procedura negoziata senza previa indizione di gara” per quelli speciali.
La norma introduce poi una deroga all’art. 59 commi 1 e 1 bis d.lgs. n. 50/2016, consentendo l’affidamento di progettazione ed esecuzione sulla base del progetto di fattibilità di cui all’art. 23 comma 5 del d.lgs. n. 50/2016. Con tale disposizione viene, come detto, riportato in auge l’appalto integrato. Una volta presentato il progetto, ad esso segue una conferenza di servizi (preliminare) ex art. 14 comma 3 l. n. 141/1990, propedeutica al miglior confezionamento del progetto definitivo. Alla conferenza sull’approvazione del progetto definitivo partecipa anche l’affidatario. Infine, la norma prevede il potenziamento delle procedure di affidamento elettroniche, con premialità in favore degli operatori che utilizzano specifici strumenti elettronici di cui all’art. 23 c. 1 lett. h d.lgs. n. 50/2016, e l’eventuale parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici in caso di opere di particolare complessità.
3. L’art. 48 c. 4 nel testo originario
Interessante notare che il testo dell’art. 48 comma 4 [1] nella sua originaria stesura prevedeva che, in caso di contenzioso ed unicamente per le procedure di affidamento di cui al comma 7 dell’art. 48 ][2, si sarebbe seguito il disposto dell’art. 125 c.p.a. dal titolo “Ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche”, che al comma 2 consente di valorizzare nei giudizi cautelari “il preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera” e al comma 3 prevede che, in caso di contratto già stipulato, esso non venga caducato se interviene l’annullamento o la sospensione dell’affidamento.
Dunque, l’estensione della portata dell’art. 125 c.p.a. a alle procedure di cui al citato comma 7 comporta la possibilità di proseguire l’esecuzione del contratto già stipulato, ed eventualmente procedere al risarcimento del danno per equivalente nei confronti di quei ricorrenti che avrebbero potuto aggiudicarsi l’affidamento ed eseguire loro stessi il contratto.
La forza dell’art. 125 c.p.a. sta nel trasformare una tutela specifica, come l’annullamento dell’affidamento e la conseguente declaratoria di inefficacia del contratto, in una tutela per equivalente monetaria consentendo comunque la prosecuzione dell’esecuzione in assenza di determinati vizi (v. infra par. 5). Ovviamente, essendo una deroga espressa alle ordinarie forme di tutela, essa nasce come disposizione eccezionale dedicata alle infrastrutture strategiche e non applicabile in via analogica. È per tale motivo che l’originaria formulazione dell’art. 48 c. 4 ne limitava l’applicazione ai soli casi del comma 7 non estendendola in via generalizzata a tutti i progetti di derivazione PNRR, PNC e fondi europei (che non sono da ritenere in assoluto infrastrutture strategiche per il solo fatto che sono finanziati con fondi del PNRR e PNC).
4. L’art. 48 comma 4 nel testo modificato alla Camera
Il testo originario dell’art. 48 è stato modificato dalla Camera con l’espunzione al comma 4 dell’inciso “relative ai lavori di cui al comma 7, primo periodo” e l’effetto di estendere l’applicazione dell’art. 125 c.p.a. a tutte le procedure di affidamento di cui al comma 1 [3] di detto art. 48, senza esclusione alcuna, andando a ricomprendere tutti i progetti finanziati con i fondi del PNRR, PNC e fondi strutturali europei (ritenuti, generalmente dalla norma, tutti infrastrutture strategiche).
Detta modifica è stata giustificata in sede di relazione con il fine di escludere ogni contrasto con la disciplina europea di cui alla cosiddetta direttiva Ricorsi (2007/66/CE) e gli effetti negativi da ciò derivanti a carico della finanza pubblica. [4]
Secondo questa direttiva (art. 2 quinquies n. 3) [5] ogni Stato Membro può prevedere meccanismi che consentano di mantenere l’efficacia di un contratto per esigenze imperative connesse ad un interesse generale ed accordare una tutela alternativa risarcitoria al ricorrente.
La Camera, così, rilevando che anche il d.l. n. 77/2021 tratterebbe in generale di infrastrutture strategiche, ha proposto di ovviare alla declaratoria di inefficacia dei contratti optando per un risarcimento per equivalente che assicurerebbe comunque l’effettività del diritto alla tutela giurisdizionale dell’operatore economico non aggiudicatario.
Quindi allo stato gli effetti dell’art. 125 c.p.a. si estendono a tutte le procedure di cui a comma 1 dell’art. 48 d.l. n. 77/2021.
5. Osservazioni conclusive sull’art. 48 comma 4
La scelta di emendare il testo originario dell’art. 48 comma 4 è stata commentata nei seguenti termini sul sito istituzionale della Camera: “C’è anche una norma che consente, in caso di ricorsi al Tar, di proseguire senza interruzioni i lavori delle opere legate al Pnrr” [6] e diverse testate giornalistiche hanno segnalato l’innovazione in termini di garanzia della prosecuzione dei lavori e velocizzazione delle procedure. [7]
Ma siamo sicuri che questa modifica dell’art. 48 comma 4 esautori in modo assoluto il giudice amministrativo dal potere di verificare la correttezza dei procedimenti di affidamento di cui al c.l. 77/2021 e l’operato dell’Amministrazione, come vorrebbero far credere alcuni? [8]
La risposta è negativa.
L’art. 125 c.p.a. nasce come norma dedicata alle infrastrutture strategiche per consentirne di proseguire l’esecuzione in caso di stipula del contratto e limitare il potere di annullamento del giudice in alcuni casi specifici. Ciò non intaccherebbe comunque il potere dell’amministrazione di agire in autotutela, come osservato in giurisprudenza [9].
Leggendo la norma e concentrandosi sul tenore letterale del comma 3 dell’art. 125 c.p.a., non può passare inosservato l’incipit della stessa: “Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati”.
Una frase che rende l’art. 125 comma 3 c.p.a. residuale rispetto alle precedenti norme, in cui il ruolo del giudice amministrativo è centrale.
In ordine, l’art. 121 rubricato “Inefficacia del contratto in caso di gravi violazioni” è una norma che individua dei casi di violazioni gravi in cui il giudice dichiara (secondo alcuni in dottrina addirittura d’ufficio) [10] l’inefficacia del contratto. Questa norma prevede un’unica deroga al comma 2 della stessa, in cui vengono fatte prevalere le esigenze imperative, distinguibili da quelle economiche del contratto, salvo casi eccezionali e comunque applicando le sanzioni alternative di cui all’art. 123 c.p.a., cioè pecuniarie o che riducono la durata del contratto.
Leggendo, perciò, l’art. 125 c.p.a. in combinato disposto con gli artt. 121 e 123 c.p.a. è possibile osservare che, contrariamente a quanto affermato in ambito politico, la portata della norma non è assoluta, ma riguarda unicamente i casi diversi rispetto a quelli dell’art. 121 c.p.a., cioè i casi di violazioni non gravi per i quali può essere mantenuta l’efficacia del contratto stipulato. [11]
Per le violazioni più gravi permane sempre il potere del giudice amministrativo di verificare la correttezza dell’affidamento e procedere alla declaratoria di inefficacia del contratto.
Potere del giudice che sussiste anche ai sensi dell’art. 125 comma 2 c.p.a. in cui il legislatore utilizza non a caso le parole “si tiene conto”, “si valuta”, “va comunque comparata”, consentendo al giudice amministrativo di preservare il suo spazio di manovra.
Inoltre, è bene spiegare che una volta avvenuta l’aggiudicazione non è automatica la stipula del contratto, in quanto comunque le Stazioni appaltanti dovranno rispettare il termine dello stand still (sostanziale e processuale), [12] con la conseguenza che qualora un concorrente abbia presentato ricorso durante tale periodo prima della stipula del contratto, chiedendo che venga interdetta la stipula del contratto stesso, l’art. 125 c.p.a. non troverebbe applicazione. [13]
In egual modo, qualora la Stazione appaltante non rispetti lo stand still, privando il ricorrente della possibilità di avvalersi dei mezzi di ricorso, e influendo sulla possibilità dello stesso di aggiudicarsi l’affidamento secondo un giudizio prognostico (art. 121 c. 1 lett. c) c.p.a.), essa incorre comunque in un vizio grave dell’aggiudicazione che porta all’inefficacia automatica del contratto.
Alla luce di quanto detto e del tenore letterale delle norme artt. 121-125 del c.p.a. è possibile osservare che l’efficacia del contratto è sempre servente e subordinata alla tutela della concorrenza e del buon andamento del mercato, con la conseguenza che potrà mantenersi inefficace un contratto affidato illegittimamente, solo in una serie di casi “meno gravi”. Si tratta, insomma, di una deroga relativa e non assoluta, che non esclude aprioristicamente il vaglio del giudice amministrativo su ogni caso di affidamento.
Né esclude che la Stazione appaltante debba comunque rispettare le tempistiche previste dalla legge (stand still) per la stipula del contratto, oltre che per un corretto affidamento. [14]
Pertanto, la modifica all’art. 48 c. 4 apportata dalla Camera ed approvata nel testo definitivo dal Senato ha il pregio (più o meno condivisibile) di ritenere strategiche tutte le opere realizzate con i fondi del PNRR, PNC e comunque di derivazione europea, ma non esclude in modo assoluto il vaglio del giudice amministrativo sull’affidamento, né che possa essere interrotta l’esecuzione del contratto in presenza di gravi violazioni nella procedura di gara.
6. Postilla sull’approvazione del d.l. n. 80/2021 e introduzione del 72 bis c.p.a.
All’esame del Senato del 28 luglio 2021 parrebbe essere stato approvato l’emendamento n. 17.200, che verrà inserito nel testo finale da porre al vaglio definitivo dell’Assemblea prima della sua pubblicazione. [15]
La proposta (che ormai si ritiene diverrà norma) apporta una modifica di non poco conto al codice del processo amministrativo con l’inserimento dell’art. 72 bis dal titolo “Decisione dei ricorsi suscettibili di immediata definizione” introdotto al fine di evitare la formazione di nuovo arretrato.
Concentrandosi sul dato letterale del nuovo art. 72 bis esso avrebbe il seguente contenuto: «1. Il presidente, quando i ricorsi siano suscettibili di immediata definizione, anche a seguito della segnalazione dell'Ufficio per il processo, fissa la trattazione alla prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio. Salvo eccezionali motivi, non è possibile chiedere il rinvio della trattazione della causa. Se è concesso il rinvio, la trattazione del ricorso è fissata alla prima camera di consiglio utile successiva.
2. Se è possibile definire la causa in rito, in mancanza di eccezioni delle parti, il collegio sottopone la relativa questione alle parti presenti. Nei casi di particolare complessità della questione sollevata, il collegio, con ordinanza, assegna un termine non superiore a venti giorni per il deposito di memorie. La causa è decisa alla scadenza del termine, senza che sia necessario convocare una ulteriore camera di consiglio. Se la causa non è definibile in rito, con ordinanza il collegio fissa la data dell'udienza pubblica. In ogni caso la decisione è adottata con sentenza in forma semplificata;».
Tale norma consentirebbe quindi al Presidente del Collegio, anche a seguito di segnalazione dell’Ufficio del processo, di individuare i ricorsi da poter decidere immediatamente in una camera di consiglio istituita ad hoc e fissata dopo 10 giorni dal deposito del ricorso, 2 giorni prima della quale le parti possono depositare memorie e documenti, senza possibilità di chiedere il rinvio della causa.
A tal punto, se la questione è risolvibile in rito, viene decisa alla presenza delle parti, ma se è di particolare complessità il Collegio assegna un termine non superiore ai 20 giorni alle parti per depositare memorie e poi procederà a decidere senza necessità di una nuova udienza. Se non è definibile in rito, il Collegio fissa un’udienza pubblica all’esito della quale in ogni caso deciderà con sentenza in forma semplificata.
L’intento della norma è apprezzabile; tuttavia, si ritiene che la stessa presenti alcune criticità, innanzitutto nel suo contenuto.
Infatti, già dal punto di vista strutturale, la norma si espone a delle ambiguità, in quanto da un lato sembra introdurre un rito accelerato per questioni risolvibili in rito, distinguibili tra quelle di facile soluzione e quelle complesse, mentre dall’altro introdurrebbe un’udienza filtro per le cause non risolubili in rito, senza però coordinare i due regimi, che sembrano differenti.
Inoltre, dal lato sistematico, la norma sembra porsi come un’ipotesi ulteriore rispetto agli artt. 60, 71 bis, 72, 120 c. 6 c.p.a., senza che però con le stesse sia in alcun modo coordinata.
In particolare l’art. 71 bis c.p.a. prevede il caso in cui, dopo che la parte ha presentato istanza di prelievo, la causa può essere decisa direttamente in camera di consiglio.
Tuttavia, l’art. 72 bis c.p.a. non tiene conto di tale disposizione, né si preoccupa di uniformare la disciplina delle decisioni semplificate.
Infatti, proprio leggendo l’art. 72 bis, non è chiaro come mai solo il Presidente e l’Ufficio del processo, ma non le parti, possano individuare quali ricorsi siano meritevoli di immediata definizione.
Forse viene sopravvalutato il ruolo dell’Ufficio del processo, fino al punto di elevarlo a “consigliere” del Presidente (più ancora dei componenti del Collegio o degli avvocati), nell’individuare quali siano le cause da definire in via prioritaria.
Un correttivo potrebbe consistere nel valorizzare il ruolo degli avvocati rispetto ai ricorsi da trattare, considerando che gli stessi potrebbero essere sentiti al riguardo anche da remoto (come nel caso degli smaltimenti di cui all’art. 87 c. 4 bis c.p.a. recentemente inserito proprio dal d.l. 80/2021 art. 17 c. 7).
Vero, infatti, che l’art. 71 c.p.a. prevede la possibilità per le parti di presentare l’istanza di prelievo, con i relativi tempi di lavorazione della stessa, mentre l’art. 71 bis c.p.a. consente di addivenire ad una soluzione semplificata, ma sarebbe stato necessario uniformare l’art. 71 bis già esistente con il nuovo art. 72 bis creando magari un’unica norma e non due regimi separati (con ulteriori sotto regimi in base alla complessità e alla risolubilità in rito o meno).
Si aggiunge altresì, che una norma così formulata perde di vista il fatto che non si sta trattando di arretrato precedente al 31 dicembre 2019 (quello a cui sembra riferirsi il d.l. n. 80/2021), bensì di cause nuove da discutere per ridurre l’arretrato futuro.
In tale ottica, deve infatti considerarsi che l’Ufficio del processo è già destinato dal d.l. n. 80/2021 a gestire (per quanto possibile) l’arretrato passato e si pensa che con questa ulteriore previsione (rivolta all’arretrato non ancora formatosi) il rischio è di sovraccaricare detto Ufficio, oltre che di incidere negativamente sull’effettività della tutela giurisdizionale.
Secondariamente, questo procedimento in una camera di consiglio ad hoc parrebbe introdurre un nuovo rito che si aggiunge sia all’ordinario che a quelli speciali, senza che però alcunché sia specificato in riferimento alle materie da trattare o alle modalità per individuare la complessità di una questione, lasciando la faccenda alla mera discrezionalità del Presidente o dell’Ufficio del processo, senza preventivo confronto con le parti.
Tornando al dato letterale della norma, essa prevede che, in ipotesi di cause di particolare complessità, le parti possano depositare memorie a seguito delle quali il Collegio procederà alla decisione senza fissare una nuova camera di consiglio. In tal caso, però, non è specificato se si tratta di memorie a cui si può replicare, ma anzi parrebbe essere una sola memoria non replicabile; né si tiene conto del fatto che senza l’udienza la parte non può rispondere agli argomenti di controparte proposti in sede di ultima memoria.
Insomma, così descritto, l'art. 72 bis, se da una parte consentirebbe una velocizzazione effettiva di alcune cause, dall’altra necessita sicuramente di essere rivisto nella sua formulazione, oltre che meglio coordinato con le disposizioni già vigenti, al fine di evitare di trascurare il ruolo degli avvocati e del contraddittorio processuale, necessario a garantire l’efficienza della giurisdizione.
Per dovere di completezza, è necessario infine riportate che l’emendamento n. 17.200 propone anche una modifica all’art. 73 c.p.a. che consente l’inserimento di un ulteriore comma che esclude la possibilità di cancellare la causa dal ruolo ed esclude il rinvio, salvo casi eccezionali, continuando con delle modifiche agli artt. 79, 80, 82 e 87 in tema di sospensione e interruzione del processo, di perenzione e di trattazione da remoto per lo smaltimento dell’arretrato.
In particolare, viene limitato il rinvio delle udienze, salvo casi di eccezionalità da riportare nel verbale. Proposta che potrebbe essere condivisibile, se si tenesse in adeguata considerazione il ruolo delle parti processuali, evitando che un limite troppo stringente possa influire negativamente sulle strategie difensive.
Apprezzabile anche la proposta di un momento istruttorio per valutare la persistenza delle condizioni che hanno determinato la sospensione o interruzione del processo, o la riduzione dei termini a 120 giorni per la manifestazione dell’interesse a proseguire il giudizio, altrimenti dichiarato perento.
Infine, l’emendamento approvato apporta una modifica ulteriore con l’inserimento, nell’allegato 2 del c.p.a. sulle norme di attuazione dello stesso, dell’inciso «nonché lo svolgimento da remoto di udienze, camere di consiglio e adunanze» al comma 13 c. 1 dopo le parole “ricorso straordinario” rimettendo la decisione al decreto del Presidente del Consiglio di Stato, sentiti il Dipartimento del Consiglio dei Ministri competente nella materia di trasformazione digitale, il CNF, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative.
Inoltre l’emendamento propone l’inserimento, sempre all’allegato 2 al c.p.a. sulle norme di attuazione, dell’art. 13 quater per l’organizzazione delle udienze di smaltimento da remoto. [16]
Al riguardo, occorre osservare che tale norma disciplina l’organizzazione delle udienze da remoto in tutti i casi diversi dall’art. 87 c. 4 bis c.p.a. (relativo alle udienze di smaltimento), e congiuntamente alla modifica predetta dell’art. 13 c. 1 dell’allegato 2 c.p.a. legittimano ad immaginare che vi sia possibilità in un futuro prossimo che le udienze da remoto vengano messe a regime anche in ipotesi differenti dal solo caso dello smaltimento dell’arretrato. Altrimenti ragionando, l’inserimento della norma nelle disposizioni di attuazione avrebbe ben poco senso.
[1] “4. In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui al comma 1, relative ai lavori di cui al comma 7, primo periodo, si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.”
[2] “7. Per gli interventi di cui al comma 1, in deroga a quanto previsto dall'articolo 215 del decreto legislativo n. 50 del 2016, il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici è reso esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. In tali casi, il parere reso dal Consiglio Superiore, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, non riguarda anche la valutazione di congruità del costo. In relazione agli investimenti di cui al primo periodo di importo inferiore ai 100 milioni di euro, dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 31 dicembre 2026, si prescinde dall’acquisizione del parere di cui all'articolo 215, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Con provvedimento del Presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate le modalità di presentazione delle richieste di parere di cui al presente comma, è indicato il contenuto essenziale dei documenti e degli elaborati di cui all'articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016, occorrenti per l’espressione del parere, e sono altresì disciplinate, fermo quanto previsto dall’articolo 44 del presente decreto, procedure semplificate per la verifica della completezza della documentazione prodotta e, in caso positivo, per la conseguente definizione accelerata del procedimento.”
[3] “1. In relazione alle procedure afferenti gli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, si applicano le disposizioni del presente titolo, l’articolo 207, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui al presente articolo.U”
[4] http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01305437.pdf
[5] “3. Gli Stati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà̀ di non considerare un contratto privo di effetti, sebbene lo stesso sia stato aggiudicato illegittimamente per le ragioni di cui al paragrafo 1, se l’organo di ricorso, dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale impone che gli effetti del contratto siano mantenuti. In tal caso gli Stati membri prevedono invece l’applicazione di sanzioni alternative a norma dell’articolo 2 sexies, paragrafo 2.”
[6] http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/notizie-alfabeto-della-pubblica-amministrazione/23-07-2021/dl-semplificazioni-approvato
[7]https://www.ilgiornale.it/news/politica/grandi-opere-svolta-brunetta-ricorso-tar-non-blocca-pi-i-1964601.html
[8] Secondo cui sarebbe la giustizia amministrativa a rallentare le opere pubbliche, quando in realtà i dati dimostrano la velocità di definizione dei giudizi cautelari in materia di appalti sia in sede cautelare (30 giorni media) che di merito (media 113 giorni), come dimostrano i dati statistici (pag. 587, all. Relazione sull’Attività della Giustizia Amministrativa del presidente Cons. Stato F. PATRONI GRIFFI, 2 febbraio 2021) scaricabili al seguente link
[9] Ex multis Cons. Stato Sez. IV, 5 maggio 2016, n. 1798 “In altri termini, se con l'art. 121 c.p.a. sono tipizzate le fattispecie in cui è obbligatoria la declaratoria d'inefficacia del contratto (salva l'applicazione delle sanzioni alternative ex art. 123 c.p.a.) e con l'art. 122 c.p.a. sono indicati i criteri che devono orientare, in tutte le altre ipotesi, la riconosciuta discrezionalità del giudice in ordine alla (eventuale) declaratoria d'inefficacia; con l'art. 125 comma 3 c.p.a. il legislatore ha inteso dettare una disposizione speciale per le infrastrutture strategiche che esclude in radice la declaratoria giurisdizionale d'inefficacia, circoscrivendo la tutela erogabile al solo risarcimento del danno ex art. 34 comma 3 c.p.a., e al paradigma generale ivi enunciato, secondo il quale se l'annullamento del provvedimento non è più utile alla parte (e qui non lo sarebbe per il divieto della declaratoria d'inefficacia, che impedisce il subentro nel medesimo), la pronuncia d'illegittimità ha mero valore di accertamento (e non già l'usuale valore costitutivo dell'annullamento) che fonda il consequenziale riconoscimento del diritto al risarcimento del danno. È quindi impossibile ricavare da una disposizione di natura processuale, e intesa soltanto a delimitare i poteri del giudice, effetti per così dire "sostanziali", e segnatamente un preteso effetto al tempo stesso conformativo e preclusivo del potere dell'Amministrazione. E ciò anche sotto altro e decisivo profilo: la disposizione processuale è posta a tutela della stessa amministrazione e del suo interesse alla più sollecita esecuzione delle infrastrutture strategiche, e quindi non può privare l'amministrazione della disponibilità dei suoi poteri amministrativi, dei quali una delle possibili forme è appunto l'autotutela. In tal senso, non può nemmeno apprezzarsi la pur suggestiva prospettazione dei difensori dell'appellante incidentale (mercé la riproposizione del primo motivo del ricorso) circa un preteso "principio di parallelismo" tra annullamento giurisdizionale e annullamento in autotutela, con conseguente estensione al secondo dei limiti tracciati per il primo, poiché l'annullamento in autotutela costituisce estrinsecazione di un potere esclusivo e proprio dell'amministrazione, rispecchia valutazioni discrezionali che sono estranee all'annullamento giurisdizionale, e risponde al principio costituzionale, non disconosciuto certamente dal diritto comunitario, di riserva del potere amministrativo, con conseguente inconsistenza della prospettata questione di legittimità comunitaria.”
[10] CASETTA - FRACCHIA, Manuale di Diritto Amministrativo ed. 2020, pag. 1052 ss.
[11] Si veda sul punto per un confronto anche l’art. 122 c.p.a. escluso espressamente dall’art. 125 c. 1 c.p.a.
[12] Art. 11, c. 10 ter d.lgs. n. 163/2006 e art. 32 cc. 9 e 11 d.lgs. n. 50/2016 che prevedono la sospensione della stipula del contratto per 35 giorni dopo l’aggiudicazione o comunque per la durata del procedimento giudiziario una volta proposto ricorso prima della stipula del contratto.
[13] Ciò varrebbe anche nelle ipotesi previste dagli artt. 4 e ss. d.l. n. 76/2020, che consentono in ipotesi eccezionali ’inizio dei lavori anche prima della stipula del contratto.
[14] Anche considerando che i ritardi nell’esecuzione delle opere sono spesso conseguenti a oneri burocratici eccessivi e normative poco chiare, piuttosto che all’andamento della giustizia amministrativa v. supra nota 8.
[15] http://www.senato.it/Leg18/3447?shadow_organo=1180001
[16] «Art. 13 -quater. (Trattazione da remoto) 1. Fermo quanto previsto dall'articolo 87, comma 4-bis, in tutti i casi di trattazione di cause da remoto la segreteria comunica, almeno tre giorni prima della trattazione, l'avviso dell'ora e delle modalità di collegamento. Si dà atto nel verbale dell'udienza delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e della libera volontà delle parti, anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali. I verbali e le decisioni deliberate all'esito dell'udienza o della camera di consiglio si considerano, rispettivamente, formati ed assunte nel comune sede dell'ufficio giudiziario presso il quale è stato iscritto il ricorso trattato. Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati, le parti che si difendano personalmente e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge. In alternativa alla partecipazione alla discussione da remoto, il difensore può chiedere il passaggio della causa in decisione fino alle ore 12 del terzo giorno antecedente a quello dell'udienza stessa; il difensore che deposita tale richiesta è considerato presente a ogni effetto. Ai magistrati che partecipano a trattazione di cause da remoto non spetta alcun trattamento di missione né alcun rimborso spese.»;