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Riders e distanziamento sociale

27 dicembre 2020

Tribunale Firenze sez. lav., 05/05/2020, (ud. 05/05/2020, dep. 05/05/2020) 


Il Tribunale di Firenze, con decisione cautelare adottata durante la prima ondata della pandemia di covid-19, ha ordinato a una società che gestisce un servizio in rete di ordinazione e consegna pasti di consegnare a un “suo” rider i seguenti dispositivi di protezione individuale: mascherina protettiva, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino.

Secondo la definizione offerta dal legislatore del 2019, il rider, ai sensi dell’art. 47-bis del d.lgs. n. 81 del 2015, è quel lavoratore autonomo che svolge attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o ciclomotori attraverso piattaforme anche digitali.

Ma il rider può anche operare come collaboratore etero-organizzato, e allora gli spetta il regime più ampio di tutele previsto dall’art. 2 del d.lgs. 81/15, che ricollega imperativamente l'applicazione della (intera) disciplina della subordinazione al verificarsi degli indici fattuali (significativi ed esaustivi) della personalità, continuità ed etero-organizzazione.

Nel caso affrontato dal giudice toscano, tutti e tre i suddetti requisiti erano sicuramente presenti: si tratta di soggetto che svolge da solo la sua prestazione (personalità), tale prestazione è suscettibile di protrarsi in misura apprezzabile nel tempo e di assicurare lo svolgimento di una serie indefinita di attività (continuità), e, una volta accettata la consegna, il lavoratore è obbligato ad eseguirla rispettando le modalità determinate in modo sostanziale ed unilaterale dalla piattaforma multimediale e dall'applicativo per lo smartphone, alle quali è tenuto ad adeguarsi (etero-direzione).

Secondo il Tribunale di Firenze, peraltro, ai fini della dotazione dei dispositivi di sicurezza e del correlativo obbligo posto a carico del datore di lavoro, non vi è alcuna differenza tra rider lavoratore autonomo e rider etero-organizzato.

Posto che nello specifico caso di cui il Giudice toscano si è occupato sarebbero stati presenti, come visto, tutti e tre gli indici necessari per l’applicazione della disciplina della subordinazione (personalità, continuità ed etero-organizzazione), con la conseguente applicazione della disciplina a tutela delle condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro, nulla sarebbe cambiato – quanto all’obbligo di fornire i dispositivi di protezione individuale – nel caso di inquadramento del rider come lavoratore autonomo.

Secondo l’art. 47-septies, comma 3 del d.lgs. n. 81/2015, infatti, il committente che utilizzi la piattaforma anche digitale è tenuto nei confronti dei riders, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e, quindi, anche al rispetto di quanto previsto dall'art. 71 del predetto d.lgs. 81/2008 (in punto di fornitura di dispositivi di protezione).

Al riguardo, ad avviso del Tribunale di Firenze, risulta riduttiva e contraria alla ratio della legge che ha introdotto specifiche tutele in favore dei riders l'interpretazione secondo cui, in caso di lavoro autonomo, l'art. 47-septies, comma 3 ("Il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81") circoscriverebbe il rinvio alla sola tutela accordata per i lavoratori autonomi dagli artt. 21 e 26 del d.lgs. 81/2008, nei quali non è contemplato l'obbligo di fornitura di dispositivi di protezione individuale.

In effetti, da un lato, è vero che i riders che non siano collaboratori etero-organizzati, pur rimanendo lavoratori autonomi, otterrebbero in questo modo maggiore tutela dei loro “omologhi”; dall’altro, è ancora più vero che l'art. 47-septies, comma 3 del d.lgs. n. 81 del 2015, interpretato riduttivamente, sarebbe del tutto inutile (in quanto la disciplina degli artt. 21 e 26 del d.lgs. n. 81 del 2008 sarebbe applicabile ai riders per il solo fatto di essere qualificati come lavoratori autonomi), oltre che contrario alla stessa espressa esigenza della legge di assicurare ai lavoratori "livelli minimi di tutela", in un'ottica di rafforzamento della tutela degli stessi.

Al di là in ogni caso della disciplina applicabile al caso di specie, l’azienda convenuta si è difesa nel merito dicendo di avere assolto ai suoi obblighi tramite l’invio ai riders delle varie informative circa le regole da comportamento da seguire in conformità con le linee guida previste dal protocollo concordato tra Assodelivery e FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi.

In particolare, il distanziamento sociale prescritto nell'ambito della attuale emergenza epidemiologica da COVID-19 sarebbe stato garantito dalla particolare tipologia di attività svolta dai riders.

La tesi non sembra però convincente sotto almeno due profili, come bene evidenziato anche dal Tribunale di Firenze.

Da un lato, la progressiva estensione dell’obbligo di utilizzo della mascherina a prescindere dalla distanza interpersonale e dall’ambiente in cui si svolge il “contatto” (chiuso o all’aperto), al di là delle evidenze scientifiche sulla necessità di tale massivo utilizzo, rende necessario a maggior ragione tale uso a tutela di chi, come il rider, ha molteplici e ravvicinati incontri potenziali con il virus, al chiuso e all’aperto, nell’ambito di un limitato lasso di tempo (si pensi al rider che sale nell’ascensore di un palazzo per portare a domicilio il cibo); dall’altro, il rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto a cui è stata subordinata la possibilità di utilizzare le prestazioni dei riders non può non implicare anche la necessità di azzeramento o quasi del rischio di contaminazione degli strumenti (sacchetti o altro) attraverso i quali viene portato a domicilio il cibo.



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