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Spigolature 32. Introduzione alla lettura di “Homo sacer” di Giorgio Agamben

Sergio Conti • 6 marzo 2025

Era il 1995 quando apparve Homo Sacer, il primo di una serie di libri con i quali Giorgio Agamben si poneva l’obiettivo di indagare la genealogia del potere occidentale e di svelarne il paradigma, il meccanismo su cui poggia.


L'editore Einaudi così presenta il libro nel suo sito:

“Ogni tentativo di ripensare le nostre categorie politiche deve muovere dalla consapevolezza che della distinzione classica fra zoé e bios, tra vita naturale ed esistenza politica (o tra l’uomo come semplice vivente e l’uomo come soggetto politico), non ne sappiamo più nulla. Nel diritto romano arcaico homo sacer era un uomo che chiunque poteva uccidere senza commettere omicidio e che non doveva però essere messo a morte nelle forme prescritte dal rito. È la vita uccidibile e insacrificabile dell’«uomo sacro» a fornire qui la chiave per una rilettura critica della nostra tradizione politica. Quando la vita diventa la posta in gioco della politica e questa si trasforma in biopolitica, tutte le categorie fondamentali della nostra riflessione, dai diritti dell’uomo alla democrazia alla cittadinanza, entrano in un processo di svuotamento e di dislocazione il cui risultato sta oggi davanti ai nostri occhi. Seguendo il filo del rapporto costitutivo fra nuda vita e potere sovrano, da Aristotele ad Auschwitz, dall’Habeas corpus alle Dichiarazioni dei diritti, il libro di Agamben cerca di decifrare gli enigmi – prima di tutti il fascismo e il nazismo – che il nostro secolo ha proposto alla ragione storica. Fino a vedere, nel campo di concentramento, il paradigma biopolitico nascosto della modernità in cui città e casa sono diventate indiscernibili e la possibilità di distinguere tra il nostro corpo biologico e il nostro corpo politico ci è stata tolta una volta per tutte.”


Segnalo l'analisi del libro apparsa in data 28 giugno 2024 sul sito “Giochi linguistici” (rinvenibile all'indirizzo https://giochilinguistici.it/homo-sacer/ ).


Viene, all'inizio, rilevato che:

A un primo sguardo, è uno strano anfibio l’homo sacer: un’archeologia di scavi portata alla luce con il metodo dell’indagine filosofica coadiuvata dalle nozioni di diritto della giurisprudenza. Ma se si guarda più a fondo, quest’interdisciplinarità, di cui Agamben, laureato sia in Giurisprudenza che in Filosofia, è un esempio vivente, è ben lontana dall’essere un caso isolato e ambiguo.

Nell’antica Grecia, la filosofia nasce come esperienza politica per eccellenza. I filosofi sono coloro i quali discutono di questioni legate alla prassi umana nella Polis. Non è un caso che Platone indicasse proprio i filosofi come coloro in grado di governare uno Stato perfetto. Né lo è la lunga tradizione di filosofi politici da Aristotele a Hobbes e Rousseau (con le loro dottrine sul contratto sociale) passando per Marx, fino ai nostri filosofi moderni quali Hanna Arendt, in una certa misura Benjamin se si ricorda il saggio sulla critica della violenza, e soprattutto Michel Foucault. Il pensiero del filosofo francese si concentra, negli anni Settanta, in un concetto che conoscerà una certa fama anche in Italia. Stiamo parlando naturalmente della biopolitica. In questa tradizione si collocano gli studi sull’Homo Sacer di Giorgio Agamben.


Nel rinviare alla lettura integrale del testo segnalato, si riportano di seguito alcuni spunti di particolare interesse.


Stato d’eccezione

Agamben prende in prestito la nozione di Stato d’eccezione dal giurista tedesco Carl Schmitt per spiegare il concetto paradossale su cui si fonda l’ordinamento giuridico. Questo concetto è di tale importanza da meritare da solo un approfondimento da parte di Agamben, che gli dedicherà la seconda parte della sua genealogia sull’Homo Sacer.

La validità della norma giuridica e dello stesso potere sovrano si basa, secondo Schmitt, sulla possibilità, che il sovrano si riserva, di decidere di proclamare uno Stato d’eccezione, cioè una sospensione delle norme vigenti. Il sovrano è perciò colui che si trova sulla soglia contemporaneamente dentro e fuori la legge. Inclusione nella legge perché è legittimato a proclamare lo stato d’eccezione, ma allo stesso tempo esclusione perché nello stato d’eccezione le normali norme non sono più in vigore, il sovrano si pone, per così dire, al di sopra di esse.

Egli ricava il suo potere, la sua ragion d’essere, dal suo poter porre la norma in uno spazio giuridicamente vuoto, in una pura forma senza vigenza, o, in altri termini, nella sua pura potenza (in quanto l’attualità normativa è sospesa). La sovranità si presenta come un inglobamento dello stato di natura (pura potenza in cui tutto è lecito) nella società regolata dalle norme, come soglia di indifferenza fra natura e cultura, fra potenza e atto, fra violenza e legge.

“Lo stato d’eccezione è diventato la regola” costatava Walter Benjamin, al quale il saggio di Schmitt era ben noto. E la citazione di Benjamin non è certo casuale. C’è molto più Benjamin in Agamben di quanto ci sia dato vedere in questo singolo saggio. Qui, partendo dalle riflessioni benjaminiane sullo stato d’eccezione e sulla violenza che pone il diritto e violenza che lo conserva, Agamben approfondisce e corregge l’iniziale tesi di Foucault secondo cui la vita è inclusa nella politica moderna. Più che d’inclusione ad Agamben sembra lecito parlare di inclusione esclusiva, “Lo spazio della nuda vita viene a coincidere con lo spazio politico” le categorie entrano in una zona di indistinzione. Seguendo un altro spunto benjaminiano Agamben vuole ora indagare la natura di questa nuda vita.


La sacertà – Che cosa significa Homo sacer?

Con l’eccezione sovrana abbiamo visto l’inclusione esclusione dal punto di vista del potere. Con il concetto di homo sacer, Agamben ci presenta lo stesso meccanismo dal punto di vista speculare della vita impigliata nel potere. Il primo malinteso da eliminare ruota attorno al termine sacer “sacro” con cui viene qualificata la vita, esso non è inteso nel senso comune e moderno di non violabile, o appartenente alla sfera religiosa. Per capire cosa si nasconde dietro la sacertà della nuda vita, Agamben attinge ancora una volta a quel metodo che abbiamo definito “archeologico”. Scava questa volta nel cuore del diritto romano arcaico e fa luce sulla struttura politica originaria che precede la distinzione fra religioso e profano. Una struttura più prossima al concetto di tabù, inteso come zona di indifferenza tra sacro e impuro.

L’homo sacer era colui che era stato messo a bando, cioè escluso (posto fuori) dalla comunità. O, in altri termini, separato. Non più nell’ordine giuridico, ma nemmeno ammesso a quello divino. L’uomo sacer in quanto escluso dalla comunità, avendo perso la protezione sovrana, poteva essere ucciso senza che l’assassino si macchiasse della colpa di omicidio. Ma allo stesso tempo, la sua morte non poteva essere presentata come un sacrificio. L’homo sacer è colto in questa duplice eccezione. A questo punto sarebbe opportuno chiedersi: che ne è dell’iniziale distinzione tra zoe e bios? In che rapporto stanno queste due categorie del mondo greco con l’homo sacer? L’homo sacer, o nuda vita, invece di coincidere con l’una o l’altra categoria si pone come indistinzione tra le due, presupponendo così una zona di indifferenza tra natura e cultura.


Zoe tra totalitarismi e democrazia

Nella terza e ultima parte, Agamben avvia le sue ricerche con il tentativo di unire il non-detto tanto di Foucault – che si concentra sulla biopolitica ma non la riferisce ai poteri totalitari – che di Hanna Arendt – che si dedica allo studio dei sistemi totalitari ma non lo rapporta alla biopolitica – . Dalla sintesi di questi due giganti del pensiero politico, Agamben individua nella biopolitica – lo spostamento della politica in spazio della nuda vita – la condizione che ha reso possibile l’avvento dei totalitarismi.


Politicizzazione della vita e della morte

Ma non sono solo i totalitarismi a tenere in scacco la nuda vita. Agamben indaga nello spazio politico moderno zone d’ombra dove, paradossalmente, è più facile che il meccanismo venga alla luce. Una di queste è la dichiarazione dei diritti.

La spirale crescente di dichiarazioni dei diritti è, secondo Agamben, un’arma a doppio taglio, in quanto fa entrare la decisione sovrana, che prima era rivolta solo al caso limite dello stato d’eccezione, sempre più a macchia d’olio nel privato e nelle libertà individuali. Si assiste, di conseguenza, a uno spostando della soglia dell’inclusione esclusiva da un gruppo di persone (prese nel bando) alla singola vita biologica presa nei suoi parametrici medici di vita e di morte, diventati ora concetti politici. Agamben pensa a casi come il diritto dell’embrione, l’eutanasia – durante l’emergenza sanitaria di Covid estenderà il discorso a quest’ambito – su questi casi il giurista, il politico, il medico assurgono a sovrano.

È proprio questa la caratteristica più preoccupante della politica moderna: siamo tutti potenzialmente homo sacer così come siamo tutti potenzialmente sovrano.

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