TAR Lazio, Sez. III, 17.01.2024/ Consiglio di Stato, Sez. VI, 4.10.2024, n. 8005
IL CASO E LA DECISIONE DI PRIMO GRADO
La sentenza del TAR Lazio di cui in commento è stata resa sul ricorso presentato da un candidato al concorso per l’accesso alla facoltà di Medicina e Odontoiatria che non ha ottenuto il punteggio per l’ammissione.
Innanzitutto, il ricorrente ha evidenziato che le prove di accesso alla facoltà fossero state divise in due sessioni durante l’anno solare, a loro volta suddivise in diversi turni, ma che i quesiti da somministrare erano gli stessi per tutti i candidati, con il rischio concreto che coloro che avessero svolto le prove nella sessione e nei turni successivi ai primi conoscessero i quesiti prima della prova. Tanto che alcune scuole di preparazione avrebbero creato dei database contenenti tutte le domande già note al fine di preparare i propri candidati ai test.
Ulteriormente, il ricorrente ha contestato l’utilizzo del sistema equalizzato di calcolo dei punteggi, determinato sia sulla base del punteggio “grezzo” ottenuto da ciascun candidato, sia in ragione della difficoltà della prova, calcolata in relazione alle risposte fornite dagli altri partecipanti ai quali sono stati somministrati nella precedente tornata gli stessi quesiti.
Il ricorrente ha eccepito che, una volta effettuata la campionatura delle domande, ovvero capita la difficoltà o meno delle stesse, una volta che il MUR aveva deciso di somministrare il medesimo questionario nella successiva sessione di luglio, avrebbe quantomeno dovuto calibrare ogni questionario in base alla difficoltà o meno delle domande accertata nella sessione di aprile.
Contrariamente, non solo le domande non sarebbero state inedite a luglio, bensì la seconda sessione non sarebbe stata parametrata, in ordine di difficoltà del questionario, in relazione alla prima. Conseguentemente, durante la seconda sessione vi sarebbero state batterie di domande oggettivamente più difficili e batterie di domande oggettivamente più facili che l’amministrazione avrebbe somministrato indiscriminatamente ai candidati, ledendo la par condicio tra concorrenti.
Il ricorrente si è lamentato anche del fatto di non aver potuto avere accesso ai punteggi equalizzati e, quindi, di non aver potuto ricostruire l’iter logico seguito dalla Commissione nell’attribuire i punteggi stessi.
E' stata infine contestata la previsione del tempo massimo per lo svolgimento delle prove e il difetto di istruttoria in cui sarebbe incorso il Ministero nel prevedere il numero di posti disponibili, senza aver valutato il reale potenziale formativo degli Atenei.
Il Tar Lazio ha ritenuto il ricorso fondato, dopo una premessa volta a ricostruire i principi costituzionali che regolano la materia concorsuale al fine di tutelare e garantire il diritto allo studio e all’apprendimento (art. 34 Cost.), anche attraverso nel rispetto dell’equilibrio del bilancio pubblico (art. 81 Cost.) e del buon andamento amministrativo (art. 97 Cost.). Diritto allo studio tutelato anche a livello di CEDU (art. 6 par. 3 tra i diritti fondamentali) e di Carta di Nizza (art. 14). Questa ricostruzione ha portato il TAR a elaborare il seguente principio: un sistema che non garantisca la selezione degli aspiranti secondo criteri di merito e di capacità non potrebbe superare il vaglio di legittimità. Principio tanto più valido quando si tratta della formazione del personale medico del futuro.
Andando nel dettaglio, il TAR si è concentrato sul sistema utilizzato per svolgere le prove, alla luce della relazione depositata dal CISIA (ovvero il Consorzio interuniversitario che si è occupato della predisposizione dei quiz) a seguito dell’ordinanza istruttoria del TAR. Secondo tale relazione risulterebbe che le prove somministrate ai candidati non erano omogenee quanto a difficoltà complessiva individuata attraverso il coefficiente di equalizzazione.
In particolare, i coefficienti di equalizzazione erano risultati diversi «per ciascuno dei test somministrati», e casualmente incidenti in modo significativo sulla collocazione in graduatoria, anche in presenza di ridotti scarti di punteggio equalizzato, così da precludere al singolo candidato la possibilità di raggiungere il «punteggio massimo conseguibile», a causa di un fattore da lui non controllabile.
Secondo il TAR, d'altra parte, che le prove non possano essere omogenee sulla base del punteggio equalizzato sarebbe stato, implicito nelle stesse premesse di funzionamento del sistema. Essendo il punteggio equalizzato calcolato a valle della prima sessione di esami, sarebbe evidentemente impossibile che le prove, composte ex ante dalla commissione, possano risultare omogenee sulla base del tasso concreto di successo nelle risposte accertato in fatto ex post.
Tale meccanismo avrebbe creato un sistema di discriminazione e penalizzazione nelle prove per accedere ai corsi, che non supera il vaglio di legittimità. Un sistema che, secondo il TAR Lazio, concorrerebbe ad amplificare differenze inconsistenti aumentando l’alea in maniera dell’ammissione in maniera non ragionevole.
Oltretutto, il TAR ha rilevato un errore nella calibrazione dei quesiti, che avrebbe tenuto conto solo di un piccolo campione di candidati.
Il giudice di primo grado, tuttavia, ha specificato anche che non è compito né intenzione del TAR andare a sindacare la scelta di discrezionalità amministrativa di somministrare prove diverse ai candidati, né di utilizzare il meccanismo dell’equalizzazione. È, difatti, compito dell’Amministrazione scegliere i metodi che garantiscano buon andamento e imparzialità nello svolgimento dei test.
Nell’ultima parte della sentenza, il TAR si è trovato a dover decidere sugli effetti dell’annullamento degli atti impugnati. Infatti, secondo la giurisprudenza in materia, potrebbe addivenirsi a un risarcimento per equivalente qualora si riscontri una diminuzione patrimoniale, o a uno in forma specifica, qualora l’atto annullato abbia creato un ostacolo al raggiungimento del bene materiale. Il problema che si pone, nel caso di specie, era capire se fosse possibile ammettere il ricorrente all’immatricolazione in soprannumero, quindi agendo in forma specifica.
Al riguardo, il TAR non ha rilevato un nesso di consequenzialità tra gli atti annullati e la mancata ammissione del ricorrente, né alcuna dimostrazione di probabilità di ammissione del candidato qualora il meccanismo dell’equalizzazione fosse stato adoperato in maniera corretta o proporzionata.
Oltretutto, la possibilità di ampliare la platea dei soggetti ammessi ai corsi dovrebbe derivare da scelte prese a livello politico e non in via amministrativa.
Pertanto, il TAR ha deciso che ricorressero i presupposti per la graduazione degli effetti caducatori al fine di tutelare i principi cardine della materia e a fronte dell’assenza di una dimostrazione di un apprezzabile interesse del ricorrente rispetto all’accesso immediato ai corsi.
L’unico effetto che il TAR ha ricollegato all’annullamento è stato dunque l’impossibilità di portare a ulteriori conseguenze gli atti annullati, benché ormai fosse stato immatricolato gran parte del contingente di candidati.
DECISIONE IN APPELLO DEL CONSIGLIO DI STATO
La sentenza del TAR appena ricostruita è stata impugnata dal ricorrente formalmente vittorioso, ma sostanzialmente privato degli effetti favorevoli della decisione. Il ricorrente ha contestato la sua mancata ammissione al corso di laurea da parte del TAR. Le Amministrazioni ministeriali e universitarie hanno proposto appello incidentale.
Il Consiglio di Stato, dopo aver ricostruito le argomentazione del giudice di primo grado, si è concentrato sugli appelli incidentali e sulla tematica del principio di equalizzazione rilevando che “risulta smentito l’assunto a base della sentenza di primo grado secondo cui l’esito della prova sarebbe rimesso ad un fattore non controllabile dal candidato e pertanto non dipendente dalle sue capacità, a causa del diverso coefficiente di equalizzazione applicabile a ciascuna prova, per cui difetterebbero i requisiti di legittimità propri una selezione concorsuale pubblicistica sulla base del merito tra candidati posti in condizioni di parità. Lungi dal costituire un fattore erratico, l’equalizzazione del punteggio così strutturata trova invece il proprio fondamento razionale in un inoppugnabile e non contestato sistema di misurazione della difficoltà dei quesiti avente base statistica (...). La difficoltà è più precisamente desunta a posteriori, sulla base dello scostamento medio di punteggio registratosi rispetto al massimo teorico. Un maggiore scostamento, indice di maggiore difficoltà del quesito, si traduce in un punteggio aggiuntivo maggiore a quello per le risposte date rispetto al punteggio invece attribuibile laddove lo scostamento sia minore, e dunque il quesito si sia dimostrato di agevole soluzione. Pertanto, attraverso il descritto sistema di formazione del punteggio finale si corregge un potenziale fattore di alterazione della parità di trattamento dei candidati, insito nell’estrazione causale dalla relativa banca dati di quesiti di diverso livello di difficoltà e dunque nel potenziale differente livello di difficoltà di ciascuna prova nel suo complesso.”
All’esito di questo ragionamento parrebbe che, proprio attraverso il sistema di equalizzazione, il livello di difficoltà della prova sostenuta da ciascun candidato sarebbe stato reso omogeno. Nessuna aporia del sistema sarebbe dunque rilevabile quando i coefficienti usati sono diversi, qualora anche il livello di difficoltà risulti differente. Alla luce di ciò, il sistema di equalizzazione sarebbe proprio il perno su cui poggia il riequilibrio della posizione di ciascun candidato. Avrebbe, perciò, errato il TAR nel ritenere che l’equalizzazione in concreto aveva creato una distorsione dei risultati.
L’accoglimento degli appelli incidentali ha implicato il rigetto dell’appello principale, anche sotto gli altri profili fatti valere in primo grado dal ricorrente e riproposti in appello.
RIFLESSIONI SU ASPETTI TECNICI ED EFFETTI CADUCATORI NEL GIUDIZIO AMMINISTRATIVO
Le sentenze in commento sono ricche di argomenti e di temi su cui potersi soffermare, sia per comprendere il funzionamento delle valutazioni nei test di medicina, sia per capire come vengono allineati i punteggi di migliaia di candidati, sia per verificare come il giudice amministrativo possa graduare gli effetti di una decisione di annullamento.
Le tematiche trattate dalle due decisioni non sono solo interessanti dal punto di vista giuridico, ma soprattutto da quello tecnico, visto che cercano di ricostruire il quadro di funzionamento del sistema di equalizzazione, potenziale fattore di omogeneità-disomogeneità nelle valutazioni. Un metodo regolato da sistemi di statistica che riducono (se non azzerano) il margine di discrezionalità amministrativa nelle valutazioni.
È sempre difficile portare all’interno dei giudizi amministrativi questioni attinenti aspetti tecnici che impregnano l’attività amministrativa sin quasi da renderla meccanizzata. Eppure, la nostra società è sempre più indirizzata in questo senso, dove le scienze matematiche e i sistemi di intelligenza artificiale si stanno inserendo nell’azione amministrativa per renderla più efficiente, veloce e, forse, migliore.
E, così, anche la statistica e il sistema di equalizzazione diventano un fattore centrale nei test di medicina e, di conseguenza, nei processi amministrativi.
Quello che salta agli occhi dalla lettura delle due sentenze è come ci sia una differenza decisiva tra primo e secondo grado nella valutazione di un aspetto tecnico come l’effetto del sistema di equalizzazione sulla corretta valutazione dei candidati.
Senza voler (ne poter) entrare nello specifico del funzionamento del meccanismo di equalizzazione e della sua legittimità, si fa osservare come il TAR avesse richiesto ai tecnici, tramite un’ordinanza istruttoria, di spiegare il corretto meccanismo dell’equalizzazione rispetto all’omogeneità delle valutazioni, ponderando poi il suo giudizio sulla base di quanto argomentato nella memoria tecnica fornita.
Risulta, pertanto, curioso vedere che sulla base degli stessi rilevamenti tecnici due giudici di due gradi diversi possano aver preso posizione differente sulla legittimità del sistema utilizzato e sugli effetti dello stesso. Infatti, essendo materia tecnica che esula dal diritto, ci si sarebbe attesi una uniformità di valutazioni, in un senso o nell’altro, almeno sotto il profilo tecnico. Ma questa diversità di vedute, lungi dal divenire motivo di critica, è, invece, dimostrazione di come il ruolo del giudice amministrativo si stia sempre più evolvendo, richiedendo pronunce e valutazioni che riguardano tecnicismi e specificità anche di altri settori per essere al passo con i tempi. Un tecnicismo a cui le stesse pubbliche amministrazioni dovranno adeguarsi nella ricerca del giusto bilanciamento con il diritto.
Una svolta verso decisioni su aspetti tecnici che, se ci soffermiamo sulla pronuncia del TAR Lazio, ha messo lo stesso giudice nella difficoltà di non poter calibrare l’effetto dell’annullamento degli atti impugnati, non potendo intravedere alcun collegamento tra un disfunzionamento del sistema statistico di equalizzazione e l’interesse legittimo da soddisfare, alla luce della mancanza di prova della probabilità di conseguire il bene della vita tramite una correzione del sistema stesso.
Sta di fatto, quindi, che così come aumenta il tecnicismo dei giudici nella loro attività, dovrà aumentare anche quello delle parti nel costruire i motivi di censura e nel dimostrare in maniera controfattuale come una diversa calibrazione del sistema tecnico avrebbe portato al soddisfacimento del proprio interesse legittimo. Un’attività necessaria, ma tutt’altro che semplice.