ATTIVITA’ ISTRUTTORIA E SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
L’attuale impianto del codice del processo amministrativo consente un approfondimento istruttorio strettamente connesso al particolare tipo di sindacato che ordinariamente compete al Giudice amministrativo.
Lasciando infatti da parte il potere di accertamento di diritti soggettivi – che dovrebbe implicare l’utilizzo degli stessi mezzi di prova a disposizione del Giudice civile, fatte salve alcune eccezioni, ma che è limitato ai soli casi di giurisdizione esclusiva – l’esame di una domanda di annullamento di un provvedimento amministrativo lesivo di interessi legittimi (o anche solo di una domanda di accertamento della sua illegittimità, a fini risarcitori), e la connessa attività di istruzione della causa, possono risentire delle peculiarità del sindacato di TAR e Consiglio di Stato sull’esercizio del potere amministrativo.
Sussiste infatti, come noto – nell’ambito della giurisdizione di legittimità -, la possibilità di sindacare anche l’esercizio della discrezionalità amministrativa o tecnica, ma soltanto nei limiti del riscontro del vizio di eccesso di potere.
Ciò ovviamente non significa che l’accesso al fatto sia precluso, ma che la valutazione del Giudice, qualora non sia accertata l’inesistenza di alcuna ragione giustificante o la esistenza indiscutibile di ragioni dissimulate nell’esercizio del potere, non può sostituirsi alla valutazione operata dall’amministrazione.
In altri termini, il limite non è tanto nella possibilità di approfondire tutte le circostanze fattuali che sono alla base del provvedimento impugnato, quanto di fare derivare, da una (soltanto) parziale diversa ricostruzione dei fatti, un comando immediato e definitivo per il riesercizio del potere.
Il Giudice amministrativo deve dunque arrestarsi sulla soglia della possibile scelta tra più opzioni - tecniche o di opportunità che siano -, tra di loro alternative e ugualmente valide; tale scelta resta in ogni caso preventivamente segnata, in assenza di una incontrovertibile verità procedimentale e processuale di segno contrario, dalla direzione impressa dall’amministrazione.
Ma gli attuali artt. 63 e seguenti del codice del processo amministrativo sono sufficienti a tale scopo? Riescono a coniugare nel miglior modo possibile la necessità di un accurato vaglio del fatto e di una tempestiva tutela della parte che si ritiene lesa?
L’attuale formulazione delle norme esclude, in linea di massima, la rilevanza delle dichiarazioni “libere” a suffragio di una ricostruzione corretta della vicenda fattuale, ed è ancora oggi dominata da una forte preponderanza dell’acquisizione documentale, anche in relazione alla normale estrinsecazione, secondo canoni formali, del potere amministrativo.
L’istruttoria è inoltre troppo “schiacciata” sulla fase di merito e troppo dipendente dalla buona volontà collaborativa dell’amministrazione.
La stessa consulenza tecnica di ufficio – che dovrebbe risultare decisiva nel sottoporre a vaglio critico e autorevole una scelta tecnica contestata – da un lato rischia, se non correttamente indirizzata, di debordare verso una rivalutazione non consentita di un’opzione che resta soggettiva, dall’altro risente, nei tempi e nel risultato, di un canale di collegamento troppo debole con i protagonisti del processo.
UNA PROPOSTA DI RIFORMA
Nel corso del Convegno del 7 giugno 2021 “Il possibile contributo della giustizia amministrativa alla ripartenza del Paese”, nella seconda parte, è stata fra l’altro illustrata la proposta della redazione di PrimoGrado relativa all’introduzione di una nuova norma nella parte del codice del processo amministrativo dedicata all’assunzione delle prove, che consentirebbe di ridefinire il rapporto fra giudice amministrativo e “fatto” nel processo.
Il processo amministrativo in questi dieci anni ha dimostrato di consentire efficienza e celerità nella definizione dei giudizi e di essere adatto, anche per la sua intrinseca duttilità, al tipo di controversie che vengono decise dalla Giustizia amministrativa; cionondimeno occorrono alcuni adeguamenti richiesti dall’evoluzione delle cause e delle modalità di decisione delle stesse.
In particolare è sempre più avvertita, da parte dei giudici amministrativi, l’esigenza di accedere al fatto in modo più completo e significativo, ma anche più snello, in modo da relegare i casi di insindacabilità del merito amministrativo alle ipotesi in cui effettivamente vengano in gioco valutazioni di opportunità riservate alla P.A., consentendo invece un sindacato pieno nelle ipotesi in cui occorra sindacare l’attendibilità di valutazioni tecnico-discrezionali; in modo da offrire anche in tali ipotesi delle sentenze il più possibile “utili”, ovvero tendenzialmente risolutive di tutti gli aspetti della controversia.
L’idea è quella di inserire nella disciplina dell’ammissione e assunzione delle prove un articolo che si ponga idealmente di seguito alla disciplina dell’istruttoria presidenziale e collegiale (art. 65 c.p.a.), completandola e arricchendola di un ulteriore segmento processuale, eventuale ma anche a forte contenuto acceleratorio, in funzione di una comprensione più accurata del “fatto” che è alla base dell’esercizio del potere pubblico.
Con l’introduzione del nuovo articolo 65-bis del codice del processo amministrativo, nel dare continuità ad un modello processuale ispirato all’agilità delle forme (e che non prevede un’autonoma fase di istruzione della causa), si intende allo stesso tempo offrire la possibilità, alla parte o al collegio, di utilizzare la camera di consiglio quale fase preparatoria della decisione di merito, nei casi in cui quest’ultima implichi particolari cognizioni di natura tecnica o scientifica o comunque richieda un approfondimento dei presupposti di fatto del provvedimento impugnato.
Si tratta dunque di istituzionalizzare lo svolgimento di una fase eventuale, incidentale e interlocutoria, contrassegnata dalla informalità della trattazione, in cui gli avvocati e il giudice possono esprimere con maggiore rapidità e schiettezza determinate esigenze istruttorie; una fase finalizzata alla migliore trattazione del merito, da compiersi, poi, in udienza pubblica, ma comunque già destinata a un approfondimento concreto ed efficace della vicenda contenziosa.
Si prevede quindi di introdurre un segmento processuale, quale momento preparatorio del giudizio, in cui, nella dialettica tra le parti, il giudice potrebbe, anche in videoconferenza con collegamento da remoto:
- interrogare liberamente le parti;
- convocare il funzionario che ha adottato l’atto per sentirlo liberamente insieme alle parti al fine di assumere informali notizie sul contesto sostanziale in cui si colloca la vicenda contenziosa in atto;
- convocare un consulente tecnico e chiedergli di esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle parti (sul modello dell’art. 197 c.p.c.);
- definire le possibili esigenze istruttorie e individuare sin da subito se vi sia la necessità di disporre una formale CTU o una verificazione;
- verificare le possibilità di una soluzione non contenziosa della lite, segnalare le questioni rilevabili d’ufficio, indicare i temi su cui ritiene opportuno l’approfondimento della discussione e delineare un calendario per il successivo sviluppo processuale.
Si tratterebbe dunque di una fase eventuale, intermedia e istruttoria, che consentirebbe di accelerare e razionalizzare la decisione di merito attraverso l’assunzione di determinazioni istruttorie, programmatorie od ordinatorie, ferma restando la possibilità di decisione in forma semplificata all’esito dell’udienza in camera di consiglio, ove ne ricorrano i presupposti.
Si introduce poi espressamente la possibilità per il collegio di disporre l’interrogatorio libero delle parti (art. 117 c.p.c.), che costituisce un importante ausilio alla chiarificazione e precisazione delle allegazioni di fatto contenute negli scritti difensionali. Il colloquio informale, altresì, può consentire al giudice di accedere direttamente al fatto e di comprendere in maniera più esauriente i termini reali delle operazioni e dei meccanismi tecnici celati dietro il linguaggio specialistico utilizzato, facilitando allo stesso tempo l’espunzione dal thema probandum dei fatti non oggetto di specifica contestazione e per i quali il deducente può essere assolto ab onere probandi.
Di seguito il testo della norma:
Art. 65 bis.
Camera di consiglio per l’esame delle istanze istruttorie e audizione dei consulenti tecnici.
1. Ciascuna delle parti, per assicurare la completezza dell’istruttoria nella fase di merito, con la domanda cautelare o con apposita istanza notificata alle altre parti, può chiedere in via preventiva lo svolgimento di una verificazione o di una consulenza tecnica. Sull’istanza il collegio si pronuncia in sede di esame della domanda cautelare ai sensi dell’art. 55, comma 12, ovvero, ove non sia stata proposta una domanda cautelare, in un’apposita camera di consiglio da fissare secondo le modalità ed i termini previsti per il procedimento cautelare.
2. In qualunque stato e grado del processo, il collegio ha facoltà di ordinare la comparizione personale delle parti in un’apposita camera di consiglio, in contraddittorio tra loro, per interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori.
3. Ove lo ritenga opportuno il collegio può sempre invitare il consulente tecnico ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori.
4. Al fine di una preliminare valutazione di questioni che richiedono particolari competenze tecniche il collegio, per decidere se disporre una verificazione o una consulenza tecnica e, ove disposta, di quali siano i quesiti da formulare, può sentire i funzionari dell’Amministrazione che ha adottato gli atti oggetto di impugnazione, i funzionari di altri organismi ed eventualmente, senza le formalità di cui all’art. 67, un consulente tecnico, convocandoli in camera di consiglio. I funzionari ed il consulente tecnico possono assistere alla fase di trattazione orale con le parti le quali, ove autorizzate dal Presidente del collegio, possono rivolgere domande e richieste di chiarimenti ai funzionari e al consulente tecnico. I compensi spettanti ai funzionari o al consulente tecnico sono liquidati, al termine delle operazioni, ai sensi dell'articolo 66, comma 4, primo e terzo periodo.
5. Il presidente può disporre che le attività istruttorie previste dal presente articolo possano essere svolte mediante collegamenti da remoto in videoconferenza.
6. Alla camera di consiglio fissata per l’esame degli incombenti istruttori il giudizio può sempre essere definito con sentenza in forma semplificata ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 60.