IL CASO
La controversia origina dal ricorso presentato da uno dei due ex coniugi - genitore di un figlio dell’età di 15 anni e 6 mesi - il quale ha dato conto del fatto che:
- dopo essersi consultato con il pediatra che segue il figlio ed aver acquisito Il consenso verbale dell'altro genitore, aveva fissato un appuntamento per il 29 giugno 2021 presso il Centro Vaccinale di Mariano Comense per la somministrazione del vaccino al figlio, che a sua volta aveva espresso la volontà di essere vaccinato per poter partecipare liberamente alle attività scolastiche e sportive;
- l’altro genitore d’altronde, alla ricezione del modulo per il rilascio dell'autorizzazione, aveva rifiutato il proprio consenso, adducendo motivazioni generiche in ordine all'assenza di particolari rischi per i minori di contrarre forme gravi della malattia;
- in tal modo, senza che fosse valorizzata la volontà espressa dal figlio ormai quindicenne, sarebbe stato posto un veto ingiustificato ad un atto medico che, seppure non obbligatorio, viene ritenuto dalle autorità sanitarie e dalla comunità scientifica privo di controindicazioni e necessario non soltanto per proteggere I singoli, ma anche per tenere la pandemia sotto controllo, cosi pregiudicando l'interesse del minore a svolgere attività sociali e limitandone la possibilità di frequentare i nonni.
L’altro genitore, quindi, si è difeso, in primo luogo, eccependo l'inammissibilità del ricorso, in quanto il Giudice non avrebbe potuto considerarsi munito del potere di sostituire la propria decisione alla difforme valutazione del genitore; in secondo luogo, nel merito, confermando la propria opposizione alla somministrazione al vaccino, in quanto prodotto ritenuto ancora in fase sperimentale, senza che siano stati adeguatamente valutati e monitorati gli effetti collaterali della sua somministrazione, soprattutto in una fascia di età in cui il rapporto rischi-benefici è meno favorevole.
Il Tribunale, con un decreto istruttorio, ha invitato la ricorrente a depositare una relazione del pediatra curante sullo stato di salute del minore, sulle eventuali patologie sofferte, sulla presenza di stati di allergia o di controindicazioni alla somministrazione del vaccino.
A seguito del deposito della suddetta documentazione, il Giudice ha emesso il provvedimento sopra indicato, accogliendo il ricorso presentato dal genitore/ex coniuge.
LA DECISIONE
Il Tribunale, ritenuta l'ammissibilità del ricorso e la propria competenza in ordine alla domanda proposta, ha autorizzato la somministrazione del vaccino anti Covid - 19 nei confronti del figlio minorenne, attribuendo alla madre, a tal fine, la facoltà di accompagnare il predetto presso un centro vaccinale e sottoscrivere il relativo consenso informato, anche in assenza del consenso dell'altro genitore.
Richiamando l’orientamento sviluppatosi nella giurisprudenza di merito in punto vaccinazioni, il Tribunale ha rammentato che, nel valutare le opzioni sostenute dalla madre e dal padre, il Giudice deve tener conto dell'esistenza di un grave pregiudizio per la salute e della diffusione della malattia sul territorio nazionale.
Poiché il Covid-19 comporta patologie che, notoriamente, in un numero rilevante di casi ha avuto conseguenze gravi e/o mortali con un'amplissima diffusione non solo sul territorio nazionale, ma mondiale, con effetti gravissimi sui sistemi sanitari di molti paesi, secondo il Tribunale si rientra in un’ipotesi nella quale è accoglibile l’istanza del genitore “pro vaccino”.
Oltre alla diffusività e pericolosità del virus, d’altronde, nel giudizio di bilanciamento deve essere valutato anche il vaccino in sé, con riferimento all’efficacia dello stesso e ai possibili effetti collaterali, sicché al riguardo, il Tribunale ha osservato che:
- quanto all'efficacia del vaccino nella prevenzione della malattia e nel contrasto alla diffusione del contagio la comunità scientifica sia nazionale che internazionale, sulla base di studi continuamente aggiornati, è concorde nel ritenere che i vaccini approvati dalle autorità regolatorie nazionali e internazionali hanno un’elevata efficacia nel proteggere dalla malattia grave sia i singoli, sia la collettività, ed in particolare i soggetti vulnerabili, con un rapporto rischi-benefici in cui i benefici sono superiori ai rischi in tutte le fasce di età, comprese quelle più giovani, che sono anche quelle in cui la circolazione del virus è più elevata per la maggiore socializzazione;
- l'ampia copertura vaccinale consente di rallentare e controllare la trasmissione della malattia con effetti benefici per tutta la collettività;
- al contrario, l'assenza di copertura vaccinale, soprattutto in presenza di varianti sempre più contagiose, comporta, da un lato, un maggior rischio per i singoli, ivi compresi i minori, di contrarre la malattia e, dall'altro, ripercussioni negative sulla vita sociale e lavorativa delle persone e, per quanto riguarda i minori, sul loro percorso educativo, limitando la possibilità di accesso alle strutture formative;
- nel caso di specie, non vi sono controindicazioni alla somministrazione del vaccino, come certificato dal medico curante.
Infine, il Tribunale ha correttamente valorizzato la volontà espressa dal minore in senso favorevole alla somministrazione, attesa l’età dello stesso e il relativo grado di maturità.
BREVI SPUNTI DI RIFLESSIONE
1. Il giudizio instaurato avanti il Tribunale di Monza rientra nell’ambito applicativo dell’art. 709 bis c.p.c.
La suddetta norma costituisce – come sottolineato dal Tribunale di Monza nella decisione in esame - lo strumento normativo introdotto per dirimere i contrasti insorti tra i genitori separati o divorziati nell'esercizio della responsabilità genitoriale con riferimento alle decisioni di maggior interesse per i figli relative alla loro istruzione, educazione, salute e residenza che, di regola, devono essere assunte di comune accordo ed in caso di disaccordo, rimesse al Giudice in base alle previsioni dell'art. 337 ter cc..
Di qui l’ammissibilità e competenza del Tribunale, senza che assuma rilievo l'obbligatorietà o la facoltatività del vaccino.
D’altronde, va sottolineato che, potenzialmente, conflitti in ordine a singole specifiche decisioni relative ai minori possono anche avvenire nell’ambito di famiglie non separate, divorziate o comunque in crisi.
A tal riguardo, infatti, l’art. 316 c.c. dopo aver stabilito chiaramente che <<entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio>>, prevede che <<in caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei>>.
In tal caso, il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare.
Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio.
Si tratta di un intervento, quindi, nel quale il giudice non “impone” una scelta, ma “suggerisce” soluzioni che devono essere condivise dai genitori ovvero, al più, si limita ad aderire, autorizzandola, alla soluzione offerta da quello dei genitori che, caso per caso, risulta maggiormente conforme alla massimizzazione dell’interesse superiore del minore.
2. Correttamente il Tribunale ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale in materia di vaccinazioni – obbligatorie e non -, secondo il quale, laddove vi sia un concreto pericolo per la salute del minore, in relazione alla gravità e diffusione del virus e vi siano dati scientifici univoci che quel determinato trattamento sanitario risulta efficace, il giudice può "sospendere" momentaneamente la capacità del genitore contrario al vaccino (Trib. Milano 17.10.18; C. App. Napoli 30.08.17; Trib. Roma 16 febbraio 2017).
In questo senso, una decisione giudiziale contraria alla richiesta di somministrazione di vaccini in favore di minori può essere giustificata quando si tratti di patologie con scarsa diffusione nel nostro paese oppure quanto vi siano evidenze scientifiche in ordine alla sostanziale inutilità profilattica del vaccino o alla potenziale nocività dello stesso, avuto riguardo agli effetti collaterali.
Nel caso dei vaccini “anti” Covid-19, il Tribunale ha, sinteticamente, ma in modo efficace, dato conto, in primo luogo, della riconosciuta, a livello di evidenze scientifiche, elevata efficacia degli stessi nel proteggere dalla malattia grave sia i singoli, sia la collettività, in un’ottica quindi di complementare tutela tanto della salute individuale – specie con riferimento a soggetti “deboli” -, che pubblica, così producendo una sorte di ideale circolo virtuoso sanitario; in secondo luogo, ha sottolineato che, nel caso di specie, non vi sono state certificate controindicazioni nella somministrazione del vaccino al minore.
Il Tribunale, quindi, pur senza approfondire il tema dei possibili effetti collaterali futuri di medio-lungo periodo (sui quali, d’altronde, non vi sono evidenze scientifiche sufficientemente determinate né in senso positivo, né negativo) ha sostanzialmente aderito all’impostazione che fa prevalere gli accertati effetti favorevoli del vaccino, sui potenziali – ma ritenuti tendenzialmente eccezionali – rischi nella somministrazione dello stesso.
La decisione in esame, pertanto, è rilevante, in quanto considera il vaccino “anti” Covid-19 - in mancanza di specifiche ed individuali situazioni che giustificano la non assunzione dello stesso - uno strumento di tutela della salute del minore, in relazione al quale, quindi, la decisione genitoriale – salve le suddette particolari situazioni individuali – deve essere concordemente espressa nel senso della somministrazione, per la lesione dell’interesse superiore del figlio.
3. Ciò che però va anche sottolineato è la centralità che deve avere, ai fini delle decisioni riguardanti i figli, specie su questioni strettamente personali, come la salute, la volontà espressa dal minore, qualora per età e livello di maturità la stessa assuma connotati imprescindibili.
L’art. 315 bis, comma 3, c.c. infatti, prevede, in termini generali, che <<il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano>>.
L'art. 3, comma 1, l. n. 219 del 2017 prevede che <<la persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione ...>>; il successivo comma 2 stabilisce che <<il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità>>.
Nel caso di specie, il minore aveva, come detto, 15 anni e 6 mesi, e in un sms inviato al genitore “dissenziente” aveva espresso con chiarezza l'intenzione di sottoporsi al vaccino per poter tornare ad una vita normale sia sul piano scolastico che relazionale.
Ne consegue che il rifiuto opposto dal padre era evidentemente anche in contrasto con la volontà manifestata dal figlio e, quindi, con le norme sopra citate, considerato altresì che la decisione del minore non poteva dirsi irragionevole, attese le conseguenze della mancanza di copertura vaccinale, incidenti non solo sull’aumento del rischio di contrarre la malattia, ma anche sulle possibilità inerenti alla sua vita di relazione nei più svariati ambiti: scolastico, sportivo, ricreativo e più in generale sociale.