Autore: a cura di Francesco Tallaro
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22 settembre 2024
(Tra giurisdizione soggettiva e controllo di legalità) 1. – Il Procuratore Generale della Corte dei Conti esercita l’ azione disciplinare nei confronti di un magistrato contabile . Il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, riunito senza la partecipazione del Procuratore Generale – che pure ne è membro di diritto, ma che in forza del regolamento sul procedimento disciplinare non può comporre il collegio destinato a decidere del procedimento disciplinare da lui stesso avviato –, manda il magistrato prosciolto dall’addebito disciplinare. Il Procuratore Generale decide, quindi, di impugnare la decisione, di carattere amministrativo [1] , dapprima con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica; quindi, dopo l’opposizione del Consiglio di Presidenza, all’uopo costituitosi, trasferendo l’azione d’annullamento d’innanzi al TAR del Lazio, sede di Roma. 2. – Il ricorso viene deciso dalla Sezione I del Tribunale, con sentenza del 28 agosto 2023, n. 13461, la quale dichiara inammissibile l’azione per difetto di legittimazione attiva e di interesse da parte dell’Ufficio di Procura. L ’iter motivazionale del giudice di primo grado, estremamente lineare, pone l’accento su due aspetti. Sotto il profilo della legittimazione , il Procuratore Generale, pur essendo titolare di «una posizione normativamente qualificata e differenziata nella sua qualità di organo al quale tanto la legge quanto il Regolamento di disciplina per i magistrati della Corte dei conti riconoscono il potere di promozione dell’azione disciplinare nonché di parte pubblica nel relativo procedimento», non è titolare di una situazione giuridica soggettiva, personale e differenziata. Egli partecipa al procedimento quale membro di diritto del Consiglio di Presidenza, e non già in quanto portatore di una propria posizione giuridica sostanziale. Sotto il secondo profilo, quello dell’ interesse , il TAR sottolinea che l’azione del Procuratore Generale appare avere carattere palesemente oggettivo, ossia finalizzata unicamente alla tutela degli interessi pubblici della collettività di cui egli è espressione: in altre parole, egli si muove al pari di un pubblico ministero ordinario in un processo penale. Quindi, il Procuratore Generale non ricaverebbe alcuna utilità personale dalla pronuncia giurisdizionale. 3. – La decisione non meriterebbe particolari commenti. Da un lato, infatti, essa si pone nel solco di un precedente definito dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza del 24 dicembre 1999, n. 1946, la quale aveva statuito espressamente che « il Procuratore Generale della Corte dei Conti non riveste la funzione di organo pubblico dell’ordinamento giuridico nei suoi valori generali e indifferenziati, ma concorre alla tutela dell’interesse particolare e concreto, sotteso al procedimento disciplinare », sicché non ha legittimazione ad impugnare la delibera del Consiglio di Presidenza che dichiari la decadenza di un procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato contabile. Dall’altro lato, la sentenza appare applicare correttamente gli insegnamenti dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Infatti, nell'ambito del processo amministrativo impugnatorio, è stato ripetutamente affermato che la legittimazione e l'interesse al ricorso integrano condizioni dell'azione necessarie per consentire al giudice adito di pronunciare sul merito della controversia, condizioni che devono esistere al momento della proposizione della domanda processuale e persistere fino alla decisione della vertenza (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9). La legittimazione e l'interesse al ricorso trovano giustificazione nella natura soggettiva della giurisdizione amministrativa , che non risulta preordinata ad assicurare la generale legittimità dell'operato pubblico, bensì tende a tutelare la situazione soggettiva del ricorrente, correlata ad un bene della vita coinvolto nell'esercizio dell'azione autoritativa oggetto di censura (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4; Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 2022, n. 3). Il giudice procedente, in particolare, deve pregiudizialmente verificare l'esistenza in capo alla parte ricorrente: a) di una posizione qualificata e differenziata (avente consistenza di interesse legittimo), correlata al bene della vita oggetto di esercizio del pubblico potere, idonea a distinguere il ricorrente da ogni altro consociato (accertamento strumentale alla verifica della legittimazione al ricorso); b) di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente, il quale è pertanto suscettibile di essere beneficiato - e, dunque, di trarre un'utilità effettiva - da un'eventuale sentenza di accoglimento della propria impugnazione (Cons. Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4; Cons. Stato, Ad. Plen., 9 dicembre 2021, n. 22). 4. – Nondimeno, la decisione di prime cure sull’impugnazione da parte del Procuratore Generale è stata riformata in appello dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, del 5 febbraio 2024, n. 1192 . 4.1. – Per quanto sia possibile sintetizzare in questa sede una motivazione piuttosto articolata, il Consiglio di Stato sottolinea come, nell’attuale procedimento disciplinare contabile, il Procuratore Generale sia l’organo titolare dell’azione disciplinare e goda, dunque, di una posizione qualificata e differenziata rispetto all’esito del procedimento disciplinare, del quale egli è parte promotrice. Egli è portatore di un interesse ampio e generale, perché la correttezza deontologica dei comportamenti tenuti dai magistrati, quantomeno in quel minimum etico ritenuto passibile di sanzione disciplinare, non solo costituisce fondamento di responsabilità verso l’ordine magistratuale di appartenenza e non è solo dunque, per così dire, un mero “affare interno” alla singola magistratura, ma si riverbera sull’intero ordinamento, ove si consideri che la serietà e la professionalità del ruolo essenziale svolto dalla magistratura – di qualsiasi magistratura – e, con essa, la sua imparzialità ed indipendenza, anche con riferimento alle giurisdizioni speciali, riposano anzitutto su questo minimum etico esigibile dall’ordinamento nei confronti dei magistrati tutti. Dunque, quale portatore di un interesse pubblico di ordine generale avente rilevanza autonoma e fondamento costituzionale , il Procuratore Generale della Corte dei Conti gode di una piena legittimazione ad impugnare le decisioni dell’organo di autogoverno in materia disciplinare avanti al giudice amministrativo, e ciò non meno dell’incolpato, a differenza di un qualsiasi quivis de populo che non abbia posizione distinta rispetto all’esercizio del potere disciplinare se non per il mero, generico, ripristino della legalità violata. 4.2. – Quanto al profilo dell’interesse ad agire, il cuore del ragionamento del Consiglio di Stato risiede nell’affermazione che l’interesse attuale e concreto del Procuratore Generale non è quello al mero ripristino della legalità violata, così finendo per coincidere sostanzialmente con la legittimazione ad agire e, dunque, fondando una giurisdizione c.d. di tipo oggettivo, bensì è l’aspirazione a quel fondamentale bene della vita – l’inflizione o meno della dovuta e proporzionata sanzione nei confronti del magistrato incolpato per i comportamenti in concreto tenuti – che solo il corretto esercizio del potere disciplinare da parte dell’organo di autogoverno può soddisfare. È lo stesso bene della vita e, dunque, lo stesso concreto interesse che avrebbe perseguito l’incolpato, laddove fosse stato ingiustamente sanzionato con una misura disciplinare infondata nell’ an o sproporzionata nel quantum , ma è un interesse riguardato ex parte public a, che sostiene la meritevolezza della censura, e non già ex parte privata , quando essa invece sostiene la immeritevolezza della censura. In questo senso, il Consiglio di Stato ritiene che la soddisfazione dell’interesse concreto fatto valere dal Procuratore – la inflizione della “giusta” sanzione disciplinare nei confronti del magistrato , a tutela dell’integrità morale della magistratura contabile e, per essa e con essa, della imparzialità e indipendenza di tale giurisdizione speciale nel complessivo e superiore quadro dei valori costituzionali vigenti – costituisce un indubbio vantaggio per l’interesse pubblico che egli persegue, dovendo necessariamente essere commisurata la concretezza di questo vantaggio alla natura della posizione – pubblica – che egli riveste e, per il tramite di questa posizione, in ultima analisi al beneficio concreto che ne trae l’intero Stato-comunità, oltre che in via immediata l’onorabilità, il prestigio e l’immagine, della magistratura stessa. Proprio per questo, secondo i giudici dell’appello è evidente che, se un simile interesse non fosse salvaguardato anche ex parte publica e dunque tutelabile con il riconoscimento della impugnabilità in sede giurisdizionale, le decisioni amministrative assolutorie – o eccessivamente miti – rese in sede disciplinare dall’organo di autogoverno rimarrebbero insindacabili e, cioè, sarebbero sostanziale esercizio di “autodichia” o, se si preferisce, un affare tutto interno all’ordinamento della giustizia contabile, sulla quale l’organo di autogoverno avrebbe l’ultima, insindacabile, parola in caso di esito assolutorio, quale unico e inappellabile titolare di questo interesse pubblico, riducendo il titolare dell’azione disciplinare ad un mero organo interno alla pubblica amministrazione decidente. 5. – Orbene, le argomentazioni adoperate dal Consiglio di Stato, che pure hanno prestato formale ossequio alla ricostruzione in termini soggettivi della giurisdizione amministrativa, disvelano, in realtà, una concezione del ruolo del giudice amministrativo non solo quale organo in grado di assicurare ai paciscenti tutela contro gli arbìtri nell’esercizio del potere pubblico, ma anche di organo che assicura una funzione di controllo della legalità dell’azione amministrativa, inteso nella sua dimensione oggettiva [2] . Le tracce, nell’ordinamento, della persistenza di tale concezione sono più che evidenti. 6. – In alcuni casi, tale fenomeno si manifesta attraverso l’incorporazione dell’interesse in un soggetto giuridico. Il legislatore, come noto, introducendo nel 2011 l’ art. 21-bis l. 10 ottobre 1990, n. 267 [3] , ha attribuito all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la legittimazione straordinaria ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. La giurisprudenza ha interpretato tale disposizione escludendo che configuri un’ipotesi di giurisdizione oggettiva, delineando piuttosto un potere d’azione, riconducibile alla giurisdizione a tutela di situazioni giuridiche qualificate e differenziate, di matrice quindi soggettiva, sebbene provenga da un soggetto pubblico ad hoc che agisce a tutela di un determinato bene giuridico, la tutela della concorrenza e del mercato [4] . Rimane, comunque, che l’Autorità è un soggetto dell’ordinamento creato ad hoc da una scelta legislativa, che prima gli ha attribuito i poteri tipici anche delle altre Autorità indipendenti; e che successivamente ha coagulato in esso l’interesse – di natura evidentemente pubblica – al rispetto dei princìpi della concorrenza, interesse sul quale poi riposa la legittimazione straordinaria [5] . Il modello è stato replicato in materia di contratti pubblici, dove la legittimazione straordinaria è stata attribuita all’Autorità Nazionale Anti Corruzione. L’ art. 220, comma 2 d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 [6] , infatti, prevede che l'ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Qui, la natura oggettiva dell’esercizio di giurisdizione attivato dal ricorso dell’ANAC appare ancora più accentuato, atteso che opera in un ambito in cui il (non irrilevante) contenzioso d’innanzi al giudice amministrativo è mosso dagli interessi squisitamente soggettivi degli operatori economici. 7. – Diversa è stata, in passato, la scelta legislativa con riferimento all’interesse, di per sé adespota, alla tutela dell’ambiente . Non è stata attribuita la legittimazione straordinaria a una pubblica amministrazione, ma, ai sensi del combinato disposto dell’art. 13 e dell’art. 18, comma 5 l. 8 luglio 1986, n. 349 , la possibilità di ricorrere avverso i provvedimenti amministrativi lesivi dell’interesse ambientale è stata affidata alle associazioni ambientali riconosciute dal Ministero dell’Ambiente. In tal senso, sono state riconosciute e legittimate le scelte interpretative della giurisprudenza amministrativa, peraltro rimaste ferme anche dopo l’intervento legislativo, per la quale i comitati spontanei e alle associazioni di cittadini sono legittimati a ricorrere nei confronti dei provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi di un interesse di carattere collettivo. Ovviamente, essendovi comunque la necessità di selezionare, in una platea potenzialmente innumerevole di soggetti, quelli sufficientemente affidabili da svolgere questa preziosa funzione sollecitatoria del controllo giurisdizionale, sono state elaborate delle condizioni da soddisfare, e cioè: a) che sussista una previsione statutaria del comitato o della associazione che qualifichi questo obiettivo di protezione come compito istituzionale dell'ente; b) che il comitato o l'associazione dimostri di avere consistenza organizzativa, adeguata rappresentatività e collegamento stabile con il territorio ove svolgono l'attività di tutela degli interessi collettivi; c) che il comitato o l'associazione dimostri di aver svolto la propria attività per finalità statutarie per un certo arco di tempo e non debbono essere stati costituiti al solo scopo di procedere all'impugnazione di singoli atti o provvedimenti [7] . 8. – In effetti, anche in ambito internazionale ha trovato successo l’idea di attribuire alle organizzazioni private il compito di attivare il controllo giurisdizionale in materia ambientale. La Convenzione di Århus del 25 giugno 1998 [8] , sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, riconosce alle organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell'ambiente, purché soddisfino i requisiti prescritti dal diritto nazionale, lo status di « pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo » [9] . Quindi, riconosce a dette ONG l’accesso «a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni» relative ad alcune attività, specificamente enumerate, suscettibili di danneggiare l’ambiente, e che dunque sono assoggettate a procedure partecipative [10] . In sostanza, nelle ONG sono incarnati quegli interessi non individualizzabili, la cui tutela sostanziale e processuale, non avendo un titolare nel mondo sensibile, è demandata a un’entità associativa. 9. – Non a caso, anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo [11] ha di recente riconosciuto a una ONG, e in particolare alla Verein KlimaSeniorinnen Schweiz , cioè a un’associazione elvetica di anziane donne per la lotta ai cambiamenti climatici, il locus standi (cioè la legittimazione attiva) con riferimento all’azione volta al riconoscimento dell’inadempimento, da parte della Confederazione Elvetica, degli obblighi assunti sul piano del diritto internazionale per la riduzione delle emissione di Co2, inadempimento che finirebbe per integrare una violazione dell’art. 8 della Convenzione, che garantisce il rispetto della vita privata e familiare. La Corte ha ribadito che la legittimazione al ricorso deriva dall’essere stato personalmente e direttamente colpito dalla condotta omissiva dello Stato, ma ha comunque ritenuta ammissibile l’azione proposta da un’associazione rappresentativa di una categoria di soggetti, le donne anziane, particolarmente sensibili ai rischi del cambiamento climatico, e dunque colpite direttamente dalla condotta omissiva dello Stato. In effetti, proprio richiamando la citata Convenzione di Århus, la Corte ha valorizzato il ruolo dei «collectives bodies», laddove i cittadini si confrontino con decisione amministrative particolarmente complesse, sicché solo attraverso la mediazione di detti enti esponenziali può essere assicurato l’accesso alla giustizia [12] . 10. – Tornano a livello di contenzioso nazionale, non di rado, d’innanzi al giudice amministrativo, vengono in rilievo controversie tra pubbliche amministrazioni, spesso quale proiezione processuale dei conflitti non risulti in fase procedimentale [13] . Come efficacemente notato [14] , vi sono due grandi categorie in cui dividere questa tipologia di contenzioso: da un lato, vi sono i casi in cui l’amministrazione ricorrente lamenta la violazione delle proprie attribuzioni, con limitazione della capacità di esercizio dei poteri attribuiti dalla legge; dall’altro lato, vi sono i casi in cui l’Ente intende far valere gli interessi della collettività che è chiamato a rappresentare, che sarebbero lesi dal provvedimento illegittimo. Nella prima ipotesi, la controversia muove formalmente dall’allegata lesione di una posizione giuridica soggettiva dell’Ente ricorrente; nella sostanza, si risolve in un conflitto intersoggettivo sul quomodo dell’esercizio delle pubbliche potestà, in cui evidentemente prevale la natura oggettiva dell’esercizio della giurisdizione. Anche nella seconda ipotesi non manca la possibilità di scorgere un contenzioso di natura oggettiva . Invero, l’Ente esponenziale non pone in essere una forma di sostituzione processuale dei singoli componenti comunità che in esso si riconoscono, facendo valere gli interessi individuali di questi; ciò perché le posizioni individuali possono essere ben diversificate. Si immagini l’ipotesi di un Comune che impugni il piano regionale dei rifiuti che preveda l’allocazione di una discarica sul suo territorio, ritenendo la scelta lesiva dell’interesse alla salute dei cittadini residenti. È tuttavia evidente che, nella collettività stanziata nel territorio, ben vi potrà essere la presenza di soggetti che invece nutrono interesse a che la discarica sia autorizzata, perché magari coinvolti nella sua realizzazione o, più modestamente, perché interessati a trovare impiego a servizio di questa. Dunque, è una fictio iuris affermare che l’amministrazione esprime l’interesse collettivo dei cittadini. Piuttosto, a prescindere dalle ragioni di carattere politico che si pongono alla base di tali ricorsi, è chiaro che al giudice amministrativo non si chiede di proteggere un interesse di spessore sostanziale dei privati dall’esercizio arbitrario del potere amministrativo, quanto invece di verificare, su un piano di oggettività, che il potere pubblico sia stato correttamente utilizzato. 11. – Occorre, a questo punto, trarre le fila delle disorganiche osservazioni sin qui svolte. La dimensione soggettiva della giurisdizione amministrativa è una conquista preziosa, che ha consentito il passaggio da una tutela meramente interna alla funzione amministrativa (la «giustizia nell’amministrazione» che ancora echeggia nell’art. 100 Cost. [15] ) a un sistema di tutele effettive, d’innanzi a organi giurisdizionali indipendenti e imparziali, che, come ricordato anche dalla Corte costituzionale, svolgono la funzione di giudice ordinario dell’esercizio della funzione pubblica [16] . Non sembra che vi siano spazi per recedere da questa costruzione generale del sistema di giustizia amministrativa, pena la diminuzione del grado di effettività delle tutele. Infatti, un plesso giurisdizionale di regola chiamato ad assicurare la legittimità dell’azione amministrativa, eventualmente su sollecitazione di un organo pubblico, una sorta di promotore di giustizia [17] , rappresenterebbe un certo arretramento verso una dimensione di controllo, più che pienamente giurisdizionale. Nondimeno, il compito dell’interprete è quello di guardare all’ordinamento per quello che è, non per quello che si vorrebbe che fosse. E non si può allora negare che d’innanzi al giudice amministrativo vi siano chiari spazi di giurisdizione oggettiva [18] , in quelle ipotesi in cui sono stati individuati, dal legislatore o dal lavorio degli interpreti, interessi sensibili, eppure adespoti, altrimenti esclusi dalla tutela giurisdizionale. In questa prospettiva, lascia perplessi il fatto che il Consiglio di Stato disconosca, anche nella vicenda da cui hanno preso il via queste brevi riflessioni, l’esistenza di spazi di giurisdizione in cui il giudice amministrativo non è chiamato a tutelare situazioni giuridiche soggettive, bensì ad assicurare la legittimità dell’azione amministrativa . Solo riconoscendo questo fenomeno si può cercare di individuare una trama comune alle svariate forme di giurisdizione oggettiva, previste dal legislatore o riconosciute da consolidata giurisprudenza, che serva da criterio per attribuire o meno dignità giuridica a quella che appare, a tutti gli effetti, una nuova ipotesi di giurisdizione oggettiva [19] . In simile prospettiva, la pronuncia del Consiglio di Stato non risponde adeguatamente all’interrogativo se l’attribuzione al Procuratore Generale presso della Corte dei Conti della legittimazione a impugnare i provvedimenti di proscioglimento di un magistrato contabile da un’imputazione contestatagli sia effettivamente omogenea rispetto agli altri casi di giurisdizione oggettiva, oppure non comporti una smagliatura alla coerenza ordinamentale capace di pregiudicare la tenuta del sistema. [1] Corte cost. 27 marzo 2009, n. 87. [2] Nell’interessante saggio di M. Renna – S. Vaccari, La proiezione processuale dei dissensi tra gli enti territoriali, in Dir. Proc. Amm. 2021, p. 677 ss., si parla di «’frammenti’ di giurisdizione oggettiva», che necessiterebbero pur sempre un fondamento normativo esplicito e, in ogni caso, dovrebbero risultare numericamente eccezionali, onde evitare l’alterazione complessiva del sistema processuale. A. Massera, «Giustizia nell’amministrazione» e «ingiustizie amministrative» tra passato e presente, in Riv. Trim. dir. pubbl., 2020, 33 ss., nota la tendenza all’introduzione di elementi di oggettivizzazione del processo, con due distinte modalità. L’una, affrontata nel testo, riguarda l’estensione della legittimazione al ricorso per la tutela di interessi pubblici a carattere generale, attribuiti – quale centro di imputazione di interessi – a pubbliche amministrazione. L’altra, per l’esame della quale non vi è spazio in questa sede, mercé l’attribuzione al giudice di poteri officiosi. [3] L’inserimento è avvenuto con d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, con. con mod. con l. 22 dicembre 2011, n. 214. [4] Si veda, da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2023, n. 1760. [5] Per un approfondimento, con respiro più ampio anche sul tema della natura del sindacato giurisdizionale, si rimanda a N. Pica, La tutela processuale dell’interesse pubblico: considerazioni a partire dalla legittimazione ad agire dell’AGCM, in Dir. Proc. Amm., 2019, 807 ss. [6] E, in precedenza, l’art. 211 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. [7] Solo a mo’ d’esempio, si richiama, nella giurisprudenza costante, TAR Lazio – Roma, Sez. III, 5 gennaio 2024, n. 264. [8] Ratificata e resa esecutiva con l. 16 marzo 2001, n. 108. [9] Art. 2, paragrafo 5. [10] Art. 9 e Allegato 1 alla Convenzione di Århus. [11] ECtHR, Grand Chamber, 9 aprile 2024, Case of Verein KlimaSeniorinnen Schweitz v. Switzerland. [12] Merita di essere trascritto il passaggio motivazionale, invero derivante dalla sentenza ECtHR, Fourth Chamber, 27 aprile 2004, in case Gorraiz Lizarraga and others v. Spain: « in modern-day societies, when citizens are confronted with particularly complex administrative decisions, recourse to collective bodies such as associations is one of the accessible means, sometimes the only means, available to them whereby they can defend their particular interests effectively. This is especially true in the context of climate change, which is a global and complex phenomenon. It has multiple causes and its adverse effects are not the concern of any one particular individual, or group of individuals, but are rather “a common concern of humankind” (see the Preamble to the UNFCCC). Moreover, in this context where intergenerational burden-sharing assumes particular importance (see paragraph 420 above), collective action through associations or other interest groups may be one of the only means through which the voice of those at a distinct representational disadvantage can be heard and through which they can seek to influence the relevant decision-making processes ». [13] M. Renna – S. Vaccari, La proiezione cit, p. 687. Da un punto di vista storico, si veda M. Mazzamuto, Liti tra OA e vicende della giustizia amministrativa nel secolo diciannovesimo, in Dir. Proc. Amm., 2019, p. 344 ss. [14] M. Renna – S. Vaccari, La proiezione cit,, p695. [15] Formula che appare «misteriosa» ad H. Simonetti, L’art. 21 bis della Legge 287/1990 ed il potere di impugnazione dell’Agcm: è ancora il secolo della «giustizia nell’amministrazione»?, in www.giustamm.it , n. 2, 2014. [16] Cfr. Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204; Corte cost. 11 maggio 2006, n. 191 [17] Sull’idea di istituire un pubblico ministero amministrativo, si veda C. Biagini, Istituzione del Pubblico Ministero presso il Consiglio di Stato e presso i Tribunali Amministrativi Regionali, in AA.VV., Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, III, Roma, 1981,pp. 1715 ss. [18] In effetti, lo studio comparativistico rivela come anche in altri Paesi, ed in particolare in Spagna, in Francia e in Germania, si rinvenga la dicotomia tra la dimensione soggettiva e quella oggettiva del sindacato sull’attività amministrativa. Si veda, in proposito, B. Marchetti, Il giudice amministrativo tra tutela soggettiva e oggettiva: riflessioni di diritto comparato, in Dir. Proc. Amm., 2014, 74 ss. [19] In dottrina è stato notato come la ricostruzione del concetto di legittimazione a ricorrente pone problemi di tenuta complessiva del sistema, rilevanti soprattutto nell’ottica della dicotomia giurisdizione soggettiva/giurisdizione oggettiva: si veda, in proposito, S. Mirate, La legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo: un’analisi alla luce della dicotomia giurisdizione soggettiva/giurisdizione oggettiva, in Dir. Proc. Amm., 2020, n. 602 ss.